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Donazione della medaglia d'oro del partigiano Cutelli all'ANPI di Chieti


Pubblicato mar 27 giugno 2023 alle 16:34

Al Foyer del Teatro Marrucino la cerimonia della donazione alla sezione ANPI di Chieti della medaglia d’oro dell’eroico partigiano Salvatore Cutelli da parte della nipote.

La bio di Cutelli, da ANCI. Benchè insignito di Medaglia d’Oro alla memoria come Alfredo Grifone, Salvatore Cutelli è poco conosciuto. Nato a Chiaramonte Gulfi (Ragusa) nel 1894, prese parte alla prima e alla seconda guerra mondiale. Col grado di maggiore, era al comando del 58° Reggimento Artiglieria della Divisione Legnano, che dopo l’8 settembre 1943 ricevette l’ordine di fermarsi alla periferia di Chieti, per proteggere la fuga del re e di Badoglio.
Il 10 settembre, dopo lo scioglimento dello Stato Maggiore dell’esercito, anche la Divisione Legnano viene sciolta. Salvatore Cutelli e altri ufficiali della Divisione, ufficiali e soldati sbandati del presidio militare cittadino, elementi civili della popolazione, organizzano la “Banda Palombaro”, una delle prime in Italia. Per la riconosciuta abilità di comando, Cutelli è assegnato al gruppo che resta in città con funzioni di “Comando Centrale”: tenere i collegamenti tra i vari nuclei, procurare armi, prendere e mantenere contatti con gli alleati utilizzando alcune radio ricetrasmittenti, aiutare gli ex prigionieri a oltrepassare il fronte.
Dopo il violento attacco tedesco subito dai partigiani a Palombaro il 5 ottobre, Cutelli riorganizza la Resistenza in città con i resti della dispersa banda e con nuovi arruolati, giovani e giovanissimi. Il 27 ottobre entra nel Comitato di Liberazione cittadino, come membro del Comando militare, che agisce affiancato da un Comitato politico. Il 3 dicembre partecipa a una riunione segreta in una casa alla periferia della città. Sono con lui altri dodici partigiani. Scopo della riunione è l’incontro con due ufficiali inglesi, per preparare azioni di resistenza contro i tedeschi, in previsione dell’arrivo, ritenuto imminente, degli alleati. Ma l’incontro è un tranello, ordito da un infiltrato tenente repubblichino e dal famigerato Pietro Caruso, futuro questore di Roma, a capo di una banda responsabile di rapine ed estorsioni a mano armata: i due ufficiali “inglesi” sono tedeschi travestiti; la casa è circondata; nella stanza della riunione irrompono SS e repubblichini armati, uccidono Trieste Del Grosso e arrestano gli altri dodici. I prigionieri sono trasportati lontano dalla città, rinchiusi nei locali di una scuola elementare aziendale del Comune di Bussi (PE), interrogati e torturati per nove giorni. Così ricorda il maggiore Cutelli, in un suo “Quaderno di memorie”, Romeo Migliori, anche lui prigioniero: "Era un bell’uomo dritto e garbato. Il più disciplinato e composto in mezzo a noi. Dopo l’ultimo interrogatorio si mise a sedere sul giaciglio e guardava fisso a un punto per terra, senza batter ciglio…sembrava di marmo.!" Aspettando la sentenza di condanna a morte, il suo pensiero è certamente rivolto alla moglie Anita e al figlio Vincenzo, che attendono con ansia il suo ritorno a casa.
Nonostante le torture, i dieci partigiani non parlano. Condannati alla fucilazione, per complotto antitedesco e partigianeria, affrontano con grande coraggio l’esecuzione, avvenuta la mattina del 14 dicembre 1943 sul Colle della Parata, un’altura poco distante da Bussi. I gendarmi tedeschi fanno scempio dei corpi, ammucchiandoli dentro una grotta, fatta saltare con la dinamite.
A fine giugno 1944 i familiari, straziati dal dolore, operano il pietoso riconoscimento delle salme sepolte sotto le macerie. Dopo aver partecipato a una solenne cerimonia funebre in Piazza Vittorio Emanuele II, provvedono alla loro sepoltura nel Cimitero del Comune.


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